Si parla molto in questi giorni di “mascherine”.
C’è una forte carenza, in particolare in ambito sanitario/ospedaliero e sono nate diverse e meritevoli iniziative di adeguamento e conversione di linee e sistemi di produzione.
“Mascherine”. Un insieme non sempre ben definito, di cui non sempre sono chiare le differenze; in tempi normali hanno regole ben precise, che oggi tuttavia sono (ma solo parzialmente) derogate.
Certo è che non parliamo di “mascherine” di carnevale.
Sono meritevoli le iniziative di autoproduzione ma parliamo di dispositivi che devono avere come obiettivo la (possibilmente reale ed effettiva) protezione degli individui.
Una domanda sorge allora spontanea: se un dispositivo di protezione di norma deve essere sottoposto a vari test e percorsi di valutazione ai sensi di diverse norme tecniche e direttive europee per arrivare ad essere certificabile, quale garanzia di protezione può offrire un dispositivo “qualunque”? In assenza di garanzia è probabilmente importante che l’utilizzatore ne sia consapevole e non ne confonda il significato e può essere allora opportuno che metta in campo altri comportamenti adeguati “al contorno”.
In questi giorni sul web si legge di tutto in proposito: ci sono aziende che hanno confertito complesse linee di produzione, artigiani e anche singoli cittadini che stanno lavorando o hanno ideato prodotti ad hoc.
Ci sono però alcuni aspetti da chiarire e da tenere ben presenti, anche in relazione alle potenziali responsabilità che possono comportare.
Quelle che seguono sono solo alcune note e considerazioni di sintesi non certo esaustive sotto il profilo tecnico – scientifico, ma riteniamo importante fare chiarezza.
Vediamo di fare ordine.
Mascherina chirurgica o DPI?!?
Il primo aspetto da rilevare, che spesso si dimentica e che anche in TV o sul web è osservabile è la confusione tra due diverse tipologie di dispositivi: esistono infatti più tipologie di “mascherine”:
- la mascherina chirurgica (utilizzata dal medico per proteggere il paziente, per intenderci), che quindi non protegge l’utilizzatore; le mascherine chirurgiche hanno quindi lo scopo di evitare che chi le indossa contamini l’ambiente, in quanto limitano la trasmissione di agenti infettivi e ricadono nell’ambito dei dispositivi medici, sono utilizzate in ambiente ospedaliero e in luoghi ove si presti assistenza a pazienti (ad esempio case della salute, ambulatori, ecc).
- la mascherina di protezione dell’utilizzatore (DPI), che protegge chi la indossa dagli agenti nocivi esterni, tecnicamente meglio conosciuta come facciale filtrante. I facciali filtranti sono infatti utilizzati in ambiente ospedaliero e assistenziale, così come in ambiente industriale, per proteggere l’utilizzatore da agenti esterni (anche da trasmissione di infezioni da goccioline e aerosol), e devono essere certificati; hanno diversi gradi di protezione classificati, nel caso delle particelle e polveri secondo la norma UNI EN 149 in particolare come FFP1, FFP2 e FFP3.
- le “altre mascherine” (nè chirurgiche, nè DPI, ammesse unicamente in relazione alla fase di emergenza in essere e come indicato nel seguito).
Ora, parlando di coronavirus e di possibilità di trasmissione del virus, quindi di contagio è evidente come il concetto di mascherina a cui più comunemente ci si riferisce è il secondo: la mascherina di protezione dell’utilizzatore, quindi il facciale filtrante (si veda l’immagine seguente).
Oppure il terzo, ma con opportune cautele e considerazioni al contorno.
“Mascherine” e DPI
Le mascherine di protezione o facciali filtranti, quando sono destinati a proteggere chi le indossa (e non le altre persone) sono Dispositivi di Protezione Individuale.
Sono oggetti, quindi, di norma sottoposti a marcatura CE.
DPI e Marcatura CE
Il Regolamento sui DPI (Reg. UE 2016/425), è la nuova norma di riferimento per la progettazione e fabbricazione dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI); il documento che definisce in sostanza requisiti e processo per la Marcatura CE dei DPI in genere (non solo delle mascherine).
La deroga
Considerata tuttavia la situazione di emergenza in essere e la difficoltà a reperire in commercio questo genere di dispositivi, il DL 17 marzo 2020, n. 18 ha previsto una deroga:
- “Per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività’ sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso e’ disciplinato dall’articolo 34, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.
- Ai fini del comma 1, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, gli individui [leggasi cittadino qualunque] presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio.“
Attenzione: per decreto e non in relazione a valutazioni tecniche, quindi per necessità e quale evidente misura di compromesso legata alla contingente situazione di emergenza, le mascherine chirurgiche sono considerate adeguate. Sono considerate adeguate non necessariamente significa che lo siano a tutti gli effetti per cui è opportuno continuare a mantenere le condizioni di protezione aggiuntive e al contorno (es. distanze, ecc.).
Successivamente Confindustria e ISS (Istituto superiore di Sanità) hanno lavorato per individuare i requisiti fondamentali per l’immissione sul mercato di mascherine ad uso medico prive di marcatura CE ovviamente limitatamente a questa situazione di emergenza legata al coronavirus, per le mascherine da destinare ad uso medico. I requisiti sono riassunti in un documento riportato nel seguito.
Quindi che fare?!?
Le domande che automaticamente si pongono sono quindi le seguenti:
- chiunque può fabbricare mascherine?
- a quali condizioni?
- con quali requisiti?
- destinate a quale utilizzo?
- con quali responsabilità?
E’ evidente infatti un aspetto, che chi scrive ritiene assai importante: che il prodotto garantisca il raggiungimento dell’obiettivo “dichiarato” o comunque atteso, sia esso la protezione di chi la indossa o la protezione delle altre persone, l’utilizzatore professionale o no.
Ovvio che se l’utilizzo deve essere di tipo professionale ci sono pochi dubbi. Ma se non lo è? Possiamo assumere come adeguato un dispositivo che non rispetta alcuno dei requisiti indicati, nemmeno in deroga?
E’ nostro parere che si debba fare molta attenzione, anche in relazione alle responsabilità che questo può comportare in capo al fabbricante.
Quali requisiti?
Per quanto riguarda le mascherine ad uso medico o utilizzate come dispositivi di protezione individuale è importante rilevare una nota che si riscontra sia nel documento nazionale che nelle indicazioni di Regione Lombardia:
“Le aziende produttrici che intendono avvalersi della deroga, devono inviare all’Istituto Superiore di Sanità un’autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, dichiarano quali sono le caratteristiche tecniche delle mascherine e che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa.“
Anche il decreto è abbastanza chiaro:
- “I produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche di cui al comma 1, e coloro che li immettono in commercio i quali intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all’Istituto superiore di sanità’ una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità’, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. […]
- I produttori, gli importatori dei dispositivi di protezione individuale di cui al comma 1 e coloro che li immettono in commercio, i quali intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all’INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità’, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. […]“
Quindi attenzione: procedure semplificate, ma autocertificazione “sotto la propria responsabilità”.
Requisiti tecnici
Sia il decreto, che i chiarimenti, le indicazioni di ISS e (nello specifico) Regione Lombardia, hanno chiarito i requisiti tecnici “alternativi”.
Come indicato da Regione Lombardia, le mascherine chirurgiche devono soddisfare le norme UNI EN ISO 14683 e UNI EN ISO 10993 ed essere prodotte da imprese che abbiano un sistema di gestione della qualità, ai sensi delle ISO 13485 o delle Good Manifacturing Practices (GMP), per poter corrispondere alla deroga al marchio CE.
Le maschere FFP2 devono essere fabbricate secondo i criteri N95 NIOSH che corrispondono alla norma tecnica EN 149:2001+A1:2009.
Ovvio che non si tratta di requisiti “banali” da raggiungere. Certo, si parla di forniture
E le “altre mascherine”?!?
Attenzione ad un passaggio:
“La rispondenza ai requisiti di prestazione può prevedere due opzioni di approvazione differenti in considerazione del fatto che la mascherina sia destinata a (A) operatori sanitari o assimilabili (forze dell’ordine/operatori a contatto con il pubblico) o (B) lavoratori delle imprese/cittadini.“
Questo può significare che anche le mascherine destinate ai semplici cittadini (oltre che ai lavoratori) devono rispondere a determinati requisiti.
Il documento prosegue infatti così : “Infatti nel caso (A) uso per operatori sanitari, o assimilabili il fabbricante per le prestazioni della maschera facciale dovrà dichiarare tutti e quattro i seguenti requisiti:
a) capacità filtrante,
b) carico biologico (bioburden),
c) capacità di protezione dagli schizzi,
d) pressione differenziale (traspirabilità).
Nel caso (B) in cui la maschera sia destinata lavoratori delle imprese/cittadini il requisito a) sarà richiesto in misura inferiore e il c) non sarà richiesto“
Il c) non è richiesto. Ma l’a) e il b) e il d) parrebbe di si.
Quindi attenzione!
In verità tuttavia, come precisato peraltro dal Ministero della Salute in questa pagina, “Ogni altra mascherina reperibile in commercio, diversa da quelle sopra elencate, non è un dispositivo medico né un dispositivo di protezione individuale; può essere prodotta ai sensi dell’art. 16, comma 2, del D.L. 18/2020, sotto la responsabilità del produttore che deve comunque garantire la sicurezza del prodotto (a titolo meramente esemplificativo: che i materiali utilizzati non sono noti per causare irritazione o qualsiasi altro effetto nocivo per la salute, non sono altamente infiammabili, ecc.). Per queste mascherine non è prevista alcuna valutazione dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’INAIL.”
Inoltre: “le mascherine in questione non possono essere utilizzate in ambiente ospedaliero o assistenziale in quanto non hanno i requisiti tecnici dei dispositivi medici e dei dispositivi di protezione individuale. Chi la indossa deve comunque rispettare le norme precauzionali sul distanziamento sociale e le altre introdotte per fronteggiare l’emergenza Covid-19.“
Si sottolinea comunque: “sotto la responsabilità del produttore“.
Con la Circolare n. 3572 del 18 marzo 2020, il ministero ha inoltre chiarito che “
- [naturalmente] le deroghe hanno valenza temporale limitata all’emergenza in essere;
- con riferimento a quest’ultima disposizione, i produttori delle mascherine “filtranti” sono tenuti a garantire che le stesse non arrechino danni o determinino rischi aggiuntivi per gli utilizzatori secondo la destinazione d’uso prevista dai produttori (ai quali non si applicano, in ogni caso, le procedure valutative di cui all’art. 15).
Nel contesto di pur sempre e certamente meritorie iniziative di chi decide di avviare una produzione di “altre” mascherine si raccomanda quindi la massima attenzione nonché la fornitura di adeguate indicazioni in accompagnamento, anche al fine che non ne sia frainteso il livello di sicurezza e le possibilità di impiego, rispetto a facciali filtranti veri e propri, considerati DPI e accompagnati da adeguata marcatura CE o quantomeno da dichiarazione del rispetto dei requisiti tecnici richiesti in deroga.
[a cura di: Dott. Matteo Melli – Syrios Srl]